Polvere per scarafaggi di Nando Vitali

Polvere per scarafaggi di Nando Vitali

Polvere per scarafaggi di Nando Vitali

"Quella degli scrittori è una memoria infedele. Non è molto affidabile. Ha criteri tutti suoi, e seleziona i ricordi come gli pare. In altre parole è una risorsa molto confusa di ciò che siamo stati. Ma è una risorsa preziosa se vogliamo sapere quello che siamo. In particolare, la mia memoria, non solo è bugiarda, ma anche piena di buchi. Come le strade di Napoli. Dove spesso, se ci finisci dentro, sono guai seri."

Nando Vitali

tratto da Polvere per scarafaggi

"Vitali elabora, annota, cuce, chiosa senza mai giudicare, non c'è traccia di sentenza nella sua scrittura affilata e raffinata, ma una pietas e una curiosità indagatrice che allargano lo sguardo e il cuore, anche quando il cuore pare soccombere, e il male - come quasi sempre accade - prevalere come macigno che non si sposta, perché ingombrante, dalla strada di ciascuno."

dalla prefazione di Francesco de Core

Informazioni sul libro

“Il personaggio-tipo dei racconti di Nando Vitali – Polvere per scarafaggi (ad est dell’equatore edizioni) – è un reietto della società, un vagabondo ubriacone, un vecchio in fondo a un pozzo, nella melma, che osserva «la luna in alto nel buio nella grazia della luce che hanno gli astri nell’enigma della notte», un’immagine che mi ha fatto pensare a Schlinder’s list, con il bimbo ebreo – Osak forse – nascosto nel fondo della latrina fra gli escrementi, l’unico ricovero che è riuscito a trovare, che guarda fuori, in alto, pregando di non essere visto dai nazisti durante i rastrellamenti del ghetto; e poi, troviamo una nana, un povero deforme, con tre gambe costretto dalla propria menomazione a lavorare nel circo, «E poi i personaggi della commedia degli ultimi – come spiega il critico de Core nella lucida empatica Introduzione – quelli che si tengono fra di loro in sostegno solidale o si ammazzano per un nulla, perché di nulla ormai è fatta la quotidianità disastrata…». Ma c’è anche un folgorante e insolito racconto di un aviatore americano che torna sul luogo della bomba che aveva sganciato su Hiroshima – il racconto si chiama proprio Hiroshima – per il senso di colpa che ancora lo tormenta: «Lei una volta gli aveva chiesto se si fosse mai pentito. Ma Paul non aveva risposto». E ancora, due bimbe destinate al martirio in una Capri insolita, notturna, temporalesca, insidiosa, post-apocalittica, davvero lontana dagli stereotipi estivi vacanzieri – significativamente chiamate, le due bimbe, Sabra e Chatila, in memoria della strage. Oppure possiamo imbatterci in vecchi operai degli altoforni di Bagnoli fiaccati dalla vita, offesi dal lavoro: «Lo schizzo metallico era partito come un proiettile, una pietra lanciata nello stagno arroventato della colata di acciaio»…

Napoli c’è, è presente in questi racconti, come in tutta l’opera di Vitali, ma, come dice giustamente de Core, «della napoletanità fa un uso parco, e comunque funzionale alle storie…». Come nei romanzi, anche in questi racconti – i vivi e i morti sembrano abitare mondi non del tutto separati, e ogni tanto fra le crepe le fessure i varchi essi comunicano, in modi anche enigmatici, misteriosi. Così come il sogno e la realtà convivono spesso in una rappresentazione anche onirica, visionaria. Sono racconti attraversati dal male, dalla morte, dalla violenza anche sadica, ma anche dalla pietas, e poi dall’amore, che nasce, può nascere, anche fra i detriti, presso la massicciata della ferrovia, fra esseri imperfetti, marginali, malati che per qualche miracoloso incantesimo si piacciono, si trovano meravigliosi. Mi piace molto la scelta dell’epigrafe di David Cronenberg: «La maggior parte degli artisti sono attratti da ciò che è nascosto, proibito, tabù ecc.». Con la sua Mosca evocata in copertina, Cronenberg è un cineasta/scrittore poliedrico, fra i più grandi in circolazione, attratto dalle lacerazioni del corpo, dalle ferite, dalla violenza, dal post-umano in molte sue declinazioni (biotecnologie, informatica ecc.)… mentre i personaggi di Nando Vitali – lascio la parola al critico: «sono residui, scarti di una società complessa e involuta […] storie di vita e di morte nel ventre gonfio della marginalità…».

Andrea Carraro (dalla recensione su Succedeoggi di Nicola Fano)

Dettagli
Autore: Nando Vitali
Editore: Ad est dell'equatore
Anno di Pubblicazione: 2019
ISBN: 9788899381677
Nando Vitali

Nasce a Bagnoli, quartiere di Napoli che spesso utilizzerà come sfondo dominante nelle sue opere. È autore di racconti, saggi e romanzi. Tra questi ultimi Chiodi storti – da Ponticelli a Napoli Centrale (Compagnia dei trovatori ed. 2008, con uno scritto di Francesco Costa) con cui vince il premio speciale per la narrativa 2009 Il Molinello, I morti non serbano rancore. Foibe. La storia avventurosa del capitano Goretti (Gaffi editore, Roma - Giugno 2011) e Bosseide, la fascinazione del male (Gaffi Editore, Roma - Febbraio 2015). Ha collaborato alle pagine culturali de Il manifesto e Il Mattino. Attualmente collabora con il quotidiano La Repubblica (Napoli). È fondatore e direttore delle riviste letterarie Pragma e Achab. Conduce da circa 20 anni il laboratorio di scrittura e lettura creativa L'isola delle voci. È stato direttore editoriale della Graus editore, per la quale ha curato, tra le altre cose, la pubblicazione del libro La pietra bianca, quattro racconti inediti di Michele Prisco. Lo stesso è stato edito anche in Spagna, pubblicato da Ediciones Antigona e tradotto in castigliano da Alfonso Prats Menseguer. Ha ideato e condotto la kermesse Voci della città - tredici scrittori per Nicola Pugliese in collaborazione con la fondazione Premio Napoli. Ha curato per la Compagnia dei trovatori il volume di racconti La nave nera di Nicola Pugliese. Ha curato il volume di Luigi Compagnone Quasi un Dizionario (Compagnia dei trovatori Edizioni - 2007). Nel 2017 viene pubblicato il romanzo Ferropoli.

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